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LA DIETA MEDITERRANEA IN UN RACCONTO – di Angela Battaglia

Settembre 2015

TRA CRONACA E INVENZIONE

Angela Battaglia Convegno Expo-FICC-23 settembre 2015Angela Battaglia Convegno EXPO-FICC – Data foto: 23 Settembre 2015

 

LA DIETA MEDITERRANEA IN UN RACCONTO –

di Angela Battaglia

Componente Consiglio Regionale

Ordine Giornalisti della Lombardia (OgL)

Collegio dei Sindaci

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Cosa cucinavano la mamma e le zie.

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C’era una volta la dieta mediterranea in un periodo e in un ambiente in cui la dieta mediterranea consisteva nel cibo giornaliero che doveva soddisfare le esigenze nutrizionali e i gusti individuali e collettivi della famiglia.

Nel Palazzo Morabito di Via Montebello a Gioia Tauro – il mio ricordo va agli anni 1956/60- di famiglie legate tra loro da quei bei vincoli solidi e affettivi di parentela, ce n’erano quattro. Qui vivevano le mie zie per parte materna: zia Carmela con la sua famiglia, zia Grazia nel suo appartamento, zia Rosina e zia Maria col nonno, mia madre, Giovannina, io e mio fratello nel nostro appartamento.

Ogni nucleo familiare era “specializzato” nei suoi piatti particolari.

Così la zia Grazia,  una volta alla settimana cucinava le fave a macco; cioè tali, da diventare con la cottura un purè, al quale univa poi la pasta cotta a parte e infine il formaggio grattugiato. La zia Grazia, mia  zia Grazia, e mia seconda mamma per affinità caratteriali, cucinava anche, nell’arco della settimana, il “riso e patate”che, con la cottura, diventavano cremose.  E, tutte le volte, veniva portato a casa mia (la porta di fronte allo stesso pianerottolo) il piattino per me.

 La zia Carmela, altro nucleo famigliare e sorella maggiore della famiglia Morabito, coniugata con Domenico Pisano (appartamento nello stesso  palazzo, ma con ingresso autonomo in  una altra via) era  in cucina la più brava tra le sorelle. A lei si doveva la pasta fatta in casa. Dopo l’impasto della farina, per la forma dei fusilli usava il ferretto. Questa pasta lunga quanto gli spaghetti, veniva condita con la salsa di pomodoro fresco e basilico. A detta della mamma di un giovane lavorante di mio zio “Mimì”, officina meccanica per macchine industriali, “Donna Carmela”, a fine cottura aggiungeva alla salsa ancora altro basilico e un cucchiaio di olio di oliva.

Allora l’olio d’oliva non si chiamava extravergine, lo era, e si chiamava di oliva perché la sua materia prima e unica erano le olive.

Stando alle informazioni comunicate dal Sociologo Carmelo Carabetta durante la serata del convegno del 24 settembre 2015 Cascina Triulza,  EXPO-FICC (Federazione Italiana Circoli Calabresi presieduta dal Prof. Italo Richichi)  sarebbe sufficiente una percentuale del 15, 30 per cento di olio di olive per poter corredare il prodotto, magari misto ad altri oli, con l’etichetta CEE della dicitura “Olio extravergine di oliva”.

“E il resto, 70%?”

 “Oli vari – aveva  sintetizzato Carabetta -: di mais, soia o altro”.

Molto dettagliato (tanti parametri tra cui l’acidità uguale o inferiore allo 0,8% per l’olio extravergine di oliva e acidità del 2,0% per l’olio vergine di oliva) è nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, del  17/12/2013, il “REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 1348/2013 DELLA COMMISSIONE del 16 dicembre 2013  che modifica il regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti”.

La  sansa in questo racconto è un cumulo di polvere nera sul marciapiedi di uno stabilimento di Gioia Tauro., e l’estrazione dell’olio, è l’interno del frantoio dei nonni della mia compagna di scuola Elementare Teresa, nipote di Don Albino. Io rimanevo incantata a guardare senza capire, l’uso, di dischi rotondi di nome fiscoli. Li fabbricava mio cugino acquisito Ciccio che faceva arrivare la materia prima nientemeno che dall’Africa. Molto esplicita la clausola che Ciccio faceva inserire al suo ragioniere nella lettera dell’ordinazione. Se non mi mandi il prodotto entro 30 giorni scordati il pagamento!”Ciccio era marito di mia cugina Angelina, figlia della zia Carmela che, alle ore 12 di ogni giorno, prima di sedersi a tavola, il primo piatto di ciò che preparava in cucina lo consegnava a un vecchietto che di intesa con lei l’aspettava davanti alla porta.  

Nell’appartamento di nonno Paolo, vedovo, che aveva costruito il palazzo per sé e per la nonna quando si erano sposati, vivevano mia zia Maria e mia zia Rosina, prossime entrambe al matrimonio. Ricordo le zie da nubili custodi sia della cantina con le botti del vino  (vigna di Gagliano) al piano terra e custodi di un magazzino di derrate alimentari agricole e di altro tipo. Qui c’era la giara con le olive, le bottiglie di olio di oliva dell’uliveto Magrolio; e ancora le bottiglie di salsa fatta in casa ad ogni mese di agosto, i contenitori coi fagioli secchi, i fichi secchi; i capicolli portati come dono al nonno dai nipoti, (figli del primogenito di mio nonno, zio Domenico) miei cugini sempre per parte materna: Maria, Pasquale e Paolo. Loro abitavano a Fossato con la loro mamma e senza il papà che era morto. Questi, gli altri due fratelli Morabito: Nicodemo che viveva a Torino, e Carmelo che viveva a Civitavecchia.

Mia madre, Giovannina, aveva il marito,  Antonino Battaglia, mio padre, in America.

Così il nostro nucleo famigliare era composto dalla mamma, da mio fratello Santino diventato in arte Xante, e da me, col doppio nome Angela Maria in onore delle due nonne, che mi chiamavano  Lilla .

Io e mio fratello "amavamo" “le salsicce”.  La carne tritata col marrazzo ce la preparava il macellaio Vasta, e la mamma procedeva a insaccarla dopo aver messo i semi di finocchietto selvatico e pochissimo sale (12 grammi per chilo).

Mamma Giovanna teneva e curava, servendosi di braccianti agricoli che zappavano il terreno, una vigna. La proprietaria di questa vigna era zia Fortunata, la zia americana di mio padre, sorella di mia nonna paterna. E’ al suo affetto verso mio padre e verso la nipote acquisita Giovannina che si deve il viaggio di mio padre verso Yonkers-New York. Il destino volle che l’invasione in Ungheria fece favorire i profughi ungheresi all’espatrio in America fermando l’emigrazione italiana; così io, mio fratello e mia madre, nonostante i documenti pronti per raggiungere papà, siamo rimasti in Italia. Papà, dopo molti anni, raggiunse lui noi, in Italia.

La nostra Dieta famigliare Mediterranea anni 60 si doveva soprattutto alla vigna di Via Monacelli, che era come se fosse nostra.

Mangiavo del mio”, aveva detto una vecchietta calabrese durante l’intervista giornalistica, come riferiva il 18 settembre 2015 Don Tarsia nella prima delle 4 giornate del convegno EXPO-FICC

giù c'è il programma EXPO-FICC in formato PDF

programma 30 settembre 2015 e sintesi

E noi famiglia Battaglia, per frutta, verdura, vino, mangiavamo e bevevamo (molto poco!) del nostro, e regalavamo in abbondanza ai parenti e ai vicini di casa. Quante prugne viola scuro produceva quell’albero immenso  che aveva la base del tronco all’inizio della vigna!: quintali. Piantate un albero di prugne (coltura, cultura, formazione) e avrete prugne da lì in  poi. Piantate un albero di fico (Cultura e Formazione “Conunicazione e Forme”: EXPO MILANO 16 LUGLIO 2015)

http://www.comunicazioneeforme.com/2015/07/19/cultura-e-formazione/nutriamo-il-pianeta-lalbero-di-fico-a-expo-milano-2015/

e ne avrete in abbondanza da lì in poi.

Cosa cucinava mamma Giovanna, diventata suocera affettuosa del genero Italo Richichi che le mandava a Natale le arance speciali della Lamia di Gioia Tauro, attuale zona portuale?

La Parmigiana, la pasta ripiena, le cotolette, le alici ripiene, i peperoni  arrostiti, le melenzane ripiene, le cotolette, le  braciole, e, anche la polenta  (”retaggio”, alberghiero, “Albergo Florimo” dei bisnonni materni) . Poi, una volta alla settimana preparava il Minestrone, cioè: riso con broccoletti e fagioli, oppure in alternativa ai broccoletti, vi univa la cicoria tenera, spontanea, delle campagne.

cicoria selvatica Tarassaco 2015-09-27Cicoria selvatica

Gli ingredienti del minestrone  venivano cucinati separatamente e infine uniti per far insaporire e conditi con l’olio di oliva che, come il racconto ha già raccontato, non si chiamava extravergine, ma semplicemente di olive.

Per mangiare il minestrone cucinato da mia madre,  insegnante di Taglio e Cucito, si autoinvitavano le mie compagne di scuola, Mirella e Anna, provenienti da Rosarno, iscritte all’Istituo Tecnico Commerciale di Gioia Tauro.

Per la Cicoria (ingrediente essenziale al Minestrone) provvedevano le passeggiate alla vigna della Maestra Giovanna e delle Allieve della scuola di sartoria.

Mangiavamo del “nostro”, per via della vigna, ma anche del “loro”: le Bagnarote che dalla Marina di Gioia Tauro arrivavano al Centro del paese con le loro canestre di Alici, o di Sauri, o di Spatole…; e dal macellaio Vasta per onorare, questa volta con  la carne bovina, le festività domenicali.

Ripensando alle salsicce: quando la mamma si recava verso le ore 11 a salutare sua sorella Carmela, qualche volta al suo  ritorno  trovava  me e mio fratello in cucina con le salsicce (2 per ognuno), scottate in padella,  già pronte da mangiare.

E la zucca, la zucca gialla, zucca spagnola, alta quanto un bambino, acquistata, una ogni anno dallo stesso agricoltore? Buonissima a tocchetti, cucinata come primo piatto con la pasta corta “ditalini”. Ma la cerimonia più bella era la visita a casa dei contadini per l’acquisto.

Dai paesi vicini, poi, arrivavano le Contadine per vendere il raccolto mattutino portandolo nelle ceste. Una di queste era rotonda appoggiata sul capo, protetto da un fazzoletto attorcigliato a ciambella. Quando davanti alle case la cesta scendeva giù, la scelta era  su  frutta di stagione (fichi, pere, uva…), o verdure di stagione: broccoli,  coste, scarola, zucchine, pomodori, peperoni, melanzane, fagiolini…

La Dieta Mediterranea.

Questo termine ce lo insegnò Ancel Keys, che, tenente colonnello dell’Esercito, per contingenze belliche territoriali, era, credo, una di quelle stelle che, ogni tanto nascono, vivono e operano: “Una  Stella muore e una  altra nasce, oggi, domani, sempre. Per amare, gioire , inventare…”

http://www.formedicomunicazione.com/pensando_a_pavarotti.htm

E, Ancel Keys, star, inventò il modo efficace di trasmettere al Mondo (“Nutrire il Pianeta”) il miglior metodo di nutrizione,

Dal sito internet ladietamediterranea.eu

http://www.ladietamediterranea.eu/2012/01/il-padre-della-dieta-mediterranea-fu-il-primo-biologo-nutrizionista-della-storia/

riportiamo:

“Ancel Keys biologo, fisiologo, epidemiologo che nei suoi studi ha spaziato dall’analisi dei fabbisogni energetici dell’uomo, alla valutazione dello stato nutrizionale, dalla biologia del digiuno alle ripercussioni fisiche e psicologiche di un’alimentazione incongrua, fino al ruolo dei grassi animali nelle patologie cardiovascolari.
Grazie ad Ancel Keys abbiamo apprezzato e valorizzato la dieta mediterranea divenuta nel 2010 patrimonio UNESCO. Egli è il padre della scienza dell’alimentazione, il primo biologo nutrizionista della Storia”,

 

“…refer to Ancel Keys biologist, physiologist, an epidemiologist who in his studies has ranged from analysis of the energy needs of man, the assessment of nutritional status, the biology of fasting to substantial physical and psychological power incongruous to the role animal fats in cardiovascular disease.
Thanks to Ancel Keys have appreciated and valued the Mediterranean diet has become UNESCO in 2010.  He is the father of science, the first biologist and nutritionist in history

zucca a trombetta genovese 2015-09-27 Zucca genovese a trombetta, m.1,50 – Pavia: 27-09-2015

La Dieta Mediterranea, Nord-Sud-Est-Ovest, riconosciuta dall’UNESCO quale bene immateriale ha il privilegio di racchiudere in sè una immaterialità perenne fatta di Cultura, Formazione, Valori dietietici commerciali, Valori morali (dare agli altri del proprio prodotto) Valori salutari, come spiega il libro di Italo Richichi “Dieta Mediterranea di riferimento” presentato in tour per l’Italia, a EXPO, e al Convegno EXPO FICC,

con indicazioni da seguire e trasmettere. Noi uomini tra uomini, nel privilegio di esserlo.

 

Angela Battaglia

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